martedì 22 novembre 2011

Della speranza

Una considerazione ottusa in forma giusto un po' diversa oggi: un piccolo racconto con personaggi di eccezione  per parlare di un tema che mi sta a cuore, soprattutto in questo periodo. Naturalmente aspetto i vostri commenti, anche se semplici: mi fanno sempre un gran piacere! 









Accadde un giorno uguale agli altri. Gli alberi giovani e forti con le loro verdi foglie si spogliarono improvvisamente mostrando, aridi, il loro nudo scheletro. L’aria tiepida sparì dalla terra e al suo posto il freddo vento del nord cominciò a imperversare su piante e animali. La pioggia fu sostituita dalla neve e per la prima volta nella sua storia, la terra fu ammantata di mortale e immacolato candore. La maggior parte degli animali che allora pascolavano pacifici i verdi pascoli morirono o di inedia o di freddo. Il bianco della neve si macchiò del rosso delle carcasse sbranate dagli sciacalli affamati.

Fu così che gli angeli dell’Eden, vedendo quello scempio e temendo per il paradiso terrestre e la terra intera, si volsero a Dio e supplicanti chiesero che mettesse fine a quell’orrore. “Non fummo noi” rispose però Dio “a provocare tutto ciò. Piuttosto volgete il vostro spirito verso l’Alta creatura, la Madre dei viventi, Eva. Non sentite il suo lamento e il suo pianto?” In quel momento dalle porte invalicabili dell’Eden entrò un alito gelido di morte che al suo passaggio avvizziva alberi e creature. I cherubini, protettori del luogo, chiesero il Nome di quell’essere, ma l’unica cosa che riuscirono a percepire fu un Silenzio insondabile, duro e freddo come il ghiaccio perenne. Spaventati gli angeli chiesero a Dio di intervenire e proteggerli, ma si accorsero che Dio non era più lì e così capirono: era giunta la fine dell’Eden.

In una grotta, al caldo di un fuoco tremulo, Adam ed Eva si scaldavano le ossa e le pelli intirizzite dal freddo di quei tempi. Erano riusciti a salvare solo poche bestie che sarebbero durate ancora per poco, mentre tutti i raccolti erano andati persi. Ma non era quello che più gravava sui cuori dei due umani. Eva di sottecchi guardava il suo sposo e lo vedeva con lo sguardo spento, perso nel vuoto e il viso che tanto amava duro come la pietra della caverna. Non riusciva a parlare con l’uomo che amava e come il fuoco intorno a cui erano seduti non riusciva a scaldare il cuore del suo amato. Si sentiva respinta e tradita: perché il suo uomo non le parlava e non le rivolgeva la sua parola?  Ad un tratto i due sentirono nell’aria una brezza leggera e calda, diversa dal vento impetuoso e freddo che sibilava fuori e si accorsero che Dio era lì. Adam si riscosse per un attimo, ma poi volse le spalle al fuoco e si diresse nella zona più buia della caverna.
Dio si rivolse ad Eva e gli disse: “Donna, figlia mia, perché piangi? Abbiamo sentito il tuo lamento trasportato dal vento!”
“Signore, il freddo, la moria di bestie, l’assenza di frutti, il freddo e il ghiaccio nelle ossa non sono buoni motivi per piangere e disperarsi?”
“Questa è la conseguenza e non la causa”
 “Non capisco Dio …”
“Creati foste per regnare sulla terra e su tutte le sue creature: quello che avviene qui fuori è specchio di ciò che avviene all’interno di voi. Quindi figlia mia cosa vi ha ghiacciato il cuore e le ossa?”
“Signore tu sai tutto. Tu sai dei miei due figli perduti, Caino e Abele, e di quante lacrime sono cadute sulla terra che tu ci ha dato e di quanto dolore ho provato. Mi sento morta e fredda da quando loro non ci sono più. E i loro visi ancora mi fanno visita nel sonno e riguardo i loro sorrisi di bambini risplendere come il sole. Mi mancano come il sole, Signore, mi mancano come il vento nei capelli e sulla pelle” e detto questo si mise a piangere.
Dio si commosse e poi chiese “E Adam? Come mai non è qui a parlare con noi?”
“Il mio sposo, che tu mi hai dato Dio, non si è più ripreso dalla morte di Abele e dalla partenza di Caino. Non ha più lavorato, né cacciato e quando è arrivato il Freddo si è trascinato qui e non parla, non parla. Non capisco Signore, che cosa ha?”
Dio parlò e disse “Eva, tuo marito ha perso ciò che di più prezioso aveva, il dono che Noi gli avevamo fatto” “Che cosa, Dio?”
“Non ha ancora un nome, tuo marito non l’ha ancora conosciuta. Essa è una fiamma che mettemmo nei vostri cuori quando lasciaste Eden, come un ricordo o una nostalgia più grandi di qualsiasi altra sensazione: serviva affinché non dimenticaste mai il vostro passato e il vostro futuro. Tuo marito la perse quando lasciò strada nel suo animo al pensiero più oscuro che potesse concepire, poco dopo la scomparsa di Abele e Caino: non potendo capacitarsi della Contraddizione di voi umani, non potendo sopportare la perdita dei suoi due figli, egli fece del Peccato ciò che non è. Da assenza esso divenne Presenza Eterna, da mancanza egli lo assunse ad Essenza stesso degli esseri che egli aveva generato. Per questo motivo egli dimenticò stupidamente Chi gli aveva creati e a immagine di Chi gli aveva creati e per questo stesso motivo egli ora si ostina ad ignorarci e ripete sommessamente nel suo cuore parole di incredulità. Egli, figlia mia, non può più credere in noi, Dio suo Creatore, perché egli ha smesso di credere in sé, primizia di tutte le creature del Signore”
“Signore, come potrò dunque guarirlo? C’è una cura forse? Andrei in capo al mondo pur di riavere indietro mio marito!”
Dio sorrise “Non metto in dubbio il tuo amore per lui e sono consapevole che doneresti la vita pur di guarire Adam. Proprio questo tuo amore, figlia mia, sarà la cura per lui e potrà riaccendere la fiamma che il duro gelo del dolore ha spento. Non aver paura della sua indifferenza e anche se con dolore, continuagli a stare vicino. Finirà anche questo orrore, non ti preoccupare. Abbi fede!”

Eva fece come il suo Dio le aveva detto. Soffrendo il dolore che solo una donna può soffrire, stette vicino a suo marito come e più di prima. Egli rispose dapprima con un indifferenza gelida, poi con un’insofferenza malcelata ed infine con lacrime copiose che scesero da sole all’alba di un nuovo giorno. Eva benedisse quelle lacrime pensando che solo da un cuore caldo e non gelato può scaturire l’acqua del dolore. Adam continuò con quelle lacrime per giorni e giorni e ogni qualvolta una di quelle gocce d’acqua colpiva il suolo coperto dalla neve, ecco che essa spariva lasciando respirare nuovamente la dura terra. Quando l’uomo ebbe smesso, si alzò dal suo giaciglio e trasse un profondo respiro. Ed ecco che il vento gelido che uccideva piante ed animali tornò da dove era venuto e di nuovo la brezza calda dei giorni primigeni tornò a soffiare sul mondo. Eva e Adam si guardarono negli occhi e capirono che l’Orrore di ghiaccio era ormai finito. Adam diede il nome Inverno all’Orrore e fu quello il primo atto di dominio con cui impediva che il mondo a lui affidato fosse nuovamente distrutto da così tanta desolazione. Come segno di futura memoria, quel giorno, l’uomo e la donna piantarono un nuovo seme nel grembo accogliente della terra. Quella notte poi i due umani giacquero e così un altro seme venne piantato come segno di rinascita della vita. Adam chiamò questo nuovo inizio Primavera, e il fuoco che l’amore della sua sposa gli aveva ridonato e che Dio gli aveva affidato lo chiamò Speranza.    

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