La considerazione ottusa di oggi,
cari lettori e lettrici, riguarderà come si può ben capire i cerchi e tutte le
loro fantastiche proprietà geometriche … naturalmente scherzo, anche perché
sinceramente non saprei davvero cosa poter scrivere di lungo su questo
argomento. No, invece oggi vorrei parlare del “cerchio” in un senso diverso.
Non mi dilungherò eccessivamente
e cercherò di limitarmi. Quando penso al cerchio la prima cosa che penso è alla
sua esclusività, alla sua capacità incredibile di tagliare così nettamente lo
spazio: dentro e fuori, interno ed esterno, aldiquà e aldilà del sottile
confine. E nel taglio nero che, nettamente, il cerchio fa sul foglio si
riflettono tutte quelle cose che dividono me dagli altri e gli altri dagli
altri ancora: nessuno scampo, nessuna apertura sull’esterno, un susseguirsi
infinito di punti stanchi. E aldiquà della linea c’è lo stesso bianco che c’è
lì al di fuori, tutto ciò che gli accomuna è l’indefinitezza di un colore
sciapito. Nella prigione segnata da un muro così sottile quanto impenetrabile,
il bianco prigioniero però può trovare molte cose da fare, fra cui quella di
inventare se stesso esaminando bene i suoi confini e scoprendone le sfumature
grigie e le imperfezioni che rendono unico il suo cerchio. Piano, piano nasce
in lui così la certezza della sua autonomia dal resto del bianco di cui credeva
impossibile separarsi e con essa il suo amore per lo spazio ristretto della sua
prigione.
Quando però finalmente pensa di aver trovato il suo stabile
equilibrio all’interno di mura d’inchiostro, ecco che vicino a lui si delinea
lentamente un altro cerchio, un essere diverso da lui, un qualcuno che ha uno
spazio bianco da custodire, un tesoro non ancora scoperto e un’intimità ancora
vergine. Questa unicità, questa alterità, quanta voglia di conoscerla, quanta
voglia di poter comunicare con un altro! Ma come poterlo fare? L’unica
soluzione è distruggere i propri confini neri e poter condividere uno spazio
bianco comune. Ma per quanto i due ci provino e tentino è proprio impossibile
distruggere quei confini: significherebbe perdersi nuovamente nel bianco
indistinto e quindi dissipare la propria individualità, non avendo più così
niente da condividere e comunicare. La paura di perdere se stesso e la
sicurezza dei propri confini rotondi e definiti è a volte troppo forte per
essere abbattuta.
Eppure rimane sempre il dubbio e con esso il rimorso:
l’individualità che mi sono costruito è davvero un bene così importante?

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