giovedì 6 ottobre 2011

Sui cerchi


La considerazione ottusa di oggi, cari lettori e lettrici, riguarderà come si può ben capire i cerchi e tutte le loro fantastiche proprietà geometriche … naturalmente scherzo, anche perché sinceramente non saprei davvero cosa poter scrivere di lungo su questo argomento. No, invece oggi vorrei parlare del “cerchio” in un senso diverso.




Non mi dilungherò eccessivamente e cercherò di limitarmi. Quando penso al cerchio la prima cosa che penso è alla sua esclusività, alla sua capacità incredibile di tagliare così nettamente lo spazio: dentro e fuori, interno ed esterno, aldiquà e aldilà del sottile confine. E nel taglio nero che, nettamente, il cerchio fa sul foglio si riflettono tutte quelle cose che dividono me dagli altri e gli altri dagli altri ancora: nessuno scampo, nessuna apertura sull’esterno, un susseguirsi infinito di punti stanchi. E aldiquà della linea c’è lo stesso bianco che c’è lì al di fuori, tutto ciò che gli accomuna è l’indefinitezza di un colore sciapito. Nella prigione segnata da un muro così sottile quanto impenetrabile, il bianco prigioniero però può trovare molte cose da fare, fra cui quella di inventare se stesso esaminando bene i suoi confini e scoprendone le sfumature grigie e le imperfezioni che rendono unico il suo cerchio. Piano, piano nasce in lui così la certezza della sua autonomia dal resto del bianco di cui credeva impossibile separarsi e con essa il suo amore per lo spazio ristretto della sua prigione. 

Quando però finalmente pensa di aver trovato il suo stabile equilibrio all’interno di mura d’inchiostro, ecco che vicino a lui si delinea lentamente un altro cerchio, un essere diverso da lui, un qualcuno che ha uno spazio bianco da custodire, un tesoro non ancora scoperto e un’intimità ancora vergine. Questa unicità, questa alterità, quanta voglia di conoscerla, quanta voglia di poter comunicare con un altro! Ma come poterlo fare? L’unica soluzione è distruggere i propri confini neri e poter condividere uno spazio bianco comune. Ma per quanto i due ci provino e tentino è proprio impossibile distruggere quei confini: significherebbe perdersi nuovamente nel bianco indistinto e quindi dissipare la propria individualità, non avendo più così niente da condividere e comunicare. La paura di perdere se stesso e la sicurezza dei propri confini rotondi e definiti è a volte troppo forte per essere abbattuta.

Eppure rimane sempre il dubbio e con esso il rimorso: l’individualità che mi sono costruito è davvero un bene così importante?

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