lunedì 17 ottobre 2011

Sull'Indignazione


Considerazione ottusa di oggi prende spunto dai fattacci di sabato pomeriggio avvenuti nel centro di Roma. Non voglio esprimermi sulle azioni di violenza compiute dai facinorosi incappucciati perché non penso sia necessario: la violenza non è la soluzione anche se è comprensibile la rabbia e il senso di impotenza. Quello però su cui vorrei riflettere è invece il movimento cosiddetto degli indignados  e quello che è il “manifesto culturale” o almeno la base del pensiero di questo nuovo movimento sorto per la prima volta il 15 maggio in Spagna: Indignez-vous di Stéphan Hessel, (in fondo trovate il link per il pdf)



Il libricino è di appena 19 pagine leggibile in poco tempo. Bersaglio di numerose critiche da parte di intellettuali e politici, bisogna dire questo piccolo manifesto dell’indignazione ha un difetto strutturale non trascurabile: è veramente carente dal punto di vista dell’idee. Leggendolo, la prima impressione che ho avuto è di cose già dette, già sentite migliaia di volte, privo di una qualsiasi carica propositiva innovativa: il motivo di questa sensazione di stantio è forse l’età stesso dell’autore (93 anni) e quindi la prospettiva che, lo ammette egli stesso, assume nei confronti della situazione sociale mondiale attuale. Prospettiva che è quella di un anziano che vive più nel passato perché non ha troppo futuro e che cerca di interpretare con la propria esperienza passata il caos di un presente che sfugge alle sue categorie mentali. Ed è il titolo stesso del suo pamphlet, Indignatevi, a spiegarmi in che modo Hessel interpreti il presente di noi giovani: egli vorrebbe convincermi che in realtà la Storia sta girando intorno a se stessa, dato che si stanno ripresentando le stesse condizioni che portano alla resistenza dei giovani di allora contro il fascismo. Soltanto che oggi il nemico non è più il nazionalsocialismo, ma il capitalismo sfrenato, la società dei consumi, la classe dei ricchi che vuole approfittare di ogni risorsa del nostro pianeta non curandosi dell’ambiente, le multinazionali e così via. Per questo motivo la resistenza (pacifica, bisogna precisare) di noi giovani è più difficile dato che abbiamo a che fare con un “nemico” più indefinito e più grande, quasi mondiale.

Quello di Hessel vuole essere un richiamo alla responsabilità personale di ogni giovane, un tentativo di risvegliare i giovani dal sonno delle coscienze generata, a dir suo, totalmente dalla società dei consumi. Vuole essere una chiamata alla resistenza (perché “resistere è creare. Creare è resistere”) e all’indignazione contro quelle che sono le ingiustizie del XXI secolo. Devo dire che su questo punto sono abbastanza d’accordo: c’è bisogno di noi giovani, di noi che abbiamo le energie per cambiare il mondo, di noi che abbiamo idee e fantasie capaci di riplasmare una società pazza, di noi che abbiamo ancora speranza per il futuro.

Però non posso essere d’accordo né sul fatto che l’indignazione sia davvero la soluzione (cosa del quale si è reso conto anche Hessel) né sul fatto che la resistenza sia davvero il modo corretto in cui impostare la questione. È la solita solfa ottocentesca e dei primi del novecento sulla mentalità della lotta di classe, della contraddizione come momento risolutivo ed evolutivo della storia. Si è rivelata una panzana nel XX secolo, sbugiardata dalla storia stessa, non vedo come possa cambiare nel XXI secolo.

Soprattutto si inizia già a vedere nei vari movimenti degli indignados quella carenza di idee e un po’ anche di speranze che si manifesta in slogan contraddittori, rabbia pacifica ma irrazionale, disillusione nei confronti di ogni tipo di istituzione politica e un movimento acefalo e disorganizzato. È un movimento, o almeno così mi pare, guidato solamente da un sentimento che non si riesce ad esplicare per bene, un senso di malessere che ha radici ben più profonde di quelle indicate da Hessel. Questo sentimento indefinito ha assunto per ora il nome di Indignazione, ma cosa gli impedisce di diventare ben presto rabbia o odio? Quali sono le basi razionali di questo movimento di indignazione? Può davvero l’emozione, non l’idea, cambiare il mondo?

Qui puoi scaricare e leggere Indignatevi! di Stéphan Hessel

1 commento:

  1. Vivo un po' dall'esterno tutto quello che sta succedendo eppure mi risulta estremamente facile sentirmi vicino ai cosiddetti "indignados", forse proprio per il fatto che non si parla ancora di idee ma di malessere...se tanti giovani in tutto il mondo condividono lo stesso malessere e la stessa voglia di cambiamento non si può non focalizzarsi attentamente sul fenomeno...secondo me le idee verranno col tempo ma è già importante e bello che tante persone si riuniscano insieme per parlare dei propri problemi e confrontarsi cercando di creare un mondo migliore...e quando le idee verranno probabilmente il "movimento" cercherà di affermarle oppure si sfalderà e scomparirà...in ogni caso non posso non emozionarmi quando vedo tanta gente che cerca di far sentire la propria voce e la propria opinione in un mondo che tante volte fa di tutto per farci star zitti

    ps. pienamente daccordo sulla condanna alla violenza (purtroppo gli idioti ci sono e ci saranno sempre) e sull'idea che senza fatti tutto questo resterà una bella ma inutile parentesi...ma è un buon inizio...spero che ognuna di quelle persone scese nelle piazze porti un po' della sua voglia di miglioramento nella vita di tutti i giorni...non dimenticando che la propria vita e i cosiddetti "ideali" non sono due cose così tanto separate

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