Considerazione ottusa di oggi
prende spunto dai fattacci di sabato pomeriggio avvenuti nel centro di Roma.
Non voglio esprimermi sulle azioni di violenza compiute dai facinorosi
incappucciati perché non penso sia necessario: la violenza non è la soluzione
anche se è comprensibile la rabbia e il senso di impotenza. Quello però su cui
vorrei riflettere è invece il movimento cosiddetto degli indignados e quello che è il
“manifesto culturale” o almeno la base del pensiero di questo nuovo movimento
sorto per la prima volta il 15 maggio in Spagna: Indignez-vous di Stéphan
Hessel, (in fondo trovate il link per il pdf)
Il libricino è di appena 19 pagine
leggibile in poco tempo. Bersaglio di numerose critiche da parte di
intellettuali e politici, bisogna dire questo piccolo manifesto dell’indignazione
ha un difetto strutturale non trascurabile: è veramente carente dal punto di
vista dell’idee. Leggendolo, la prima impressione che ho avuto è di cose già
dette, già sentite migliaia di volte, privo di una qualsiasi carica propositiva
innovativa: il motivo di questa sensazione di stantio è forse l’età stesso dell’autore
(93 anni) e quindi la prospettiva che, lo ammette egli stesso, assume nei
confronti della situazione sociale mondiale attuale. Prospettiva che è quella
di un anziano che vive più nel passato perché non ha troppo futuro e che cerca
di interpretare con la propria esperienza passata il caos di un presente che
sfugge alle sue categorie mentali. Ed è il titolo stesso del suo pamphlet,
Indignatevi, a spiegarmi in che modo Hessel interpreti il presente di noi
giovani: egli vorrebbe convincermi che in realtà la Storia sta girando intorno
a se stessa, dato che si stanno ripresentando le stesse condizioni che portano
alla resistenza dei giovani di allora contro il fascismo. Soltanto che oggi il
nemico non è più il nazionalsocialismo, ma il capitalismo sfrenato, la società
dei consumi, la classe dei ricchi che vuole approfittare di ogni risorsa del
nostro pianeta non curandosi dell’ambiente, le multinazionali e così via. Per
questo motivo la resistenza (pacifica, bisogna precisare) di noi giovani è più
difficile dato che abbiamo a che fare con un “nemico” più indefinito e più
grande, quasi mondiale.
Quello di Hessel vuole essere un
richiamo alla responsabilità personale di ogni giovane, un tentativo di
risvegliare i giovani dal sonno delle coscienze generata, a dir suo, totalmente
dalla società dei consumi. Vuole essere una chiamata alla resistenza (perché “resistere
è creare. Creare è resistere”) e all’indignazione contro quelle che sono le
ingiustizie del XXI secolo. Devo dire che su questo punto sono abbastanza d’accordo:
c’è bisogno di noi giovani, di noi che abbiamo le energie per cambiare il
mondo, di noi che abbiamo idee e fantasie capaci di riplasmare una società
pazza, di noi che abbiamo ancora speranza per il futuro.
Però non posso essere d’accordo
né sul fatto che l’indignazione sia davvero la soluzione (cosa del quale si è
reso conto anche Hessel) né sul fatto che la resistenza sia davvero il modo
corretto in cui impostare la questione. È la solita solfa ottocentesca e dei
primi del novecento sulla mentalità della lotta di classe, della contraddizione
come momento risolutivo ed evolutivo della storia. Si è rivelata una panzana
nel XX secolo, sbugiardata dalla storia stessa, non vedo come possa cambiare
nel XXI secolo.
Soprattutto si inizia già a
vedere nei vari movimenti degli indignados quella carenza di idee e un po’
anche di speranze che si manifesta in slogan contraddittori, rabbia pacifica ma
irrazionale, disillusione nei confronti di ogni tipo di istituzione politica e
un movimento acefalo e disorganizzato. È un movimento, o almeno così mi pare,
guidato solamente da un sentimento che non si riesce ad esplicare per bene, un
senso di malessere che ha radici ben più profonde di quelle indicate da Hessel.
Questo sentimento indefinito ha assunto per ora il nome di Indignazione, ma
cosa gli impedisce di diventare ben presto rabbia o odio? Quali sono le basi
razionali di questo movimento di indignazione? Può davvero l’emozione, non l’idea,
cambiare il mondo?
Qui puoi scaricare e leggere
Indignatevi! di Stéphan Hessel

Vivo un po' dall'esterno tutto quello che sta succedendo eppure mi risulta estremamente facile sentirmi vicino ai cosiddetti "indignados", forse proprio per il fatto che non si parla ancora di idee ma di malessere...se tanti giovani in tutto il mondo condividono lo stesso malessere e la stessa voglia di cambiamento non si può non focalizzarsi attentamente sul fenomeno...secondo me le idee verranno col tempo ma è già importante e bello che tante persone si riuniscano insieme per parlare dei propri problemi e confrontarsi cercando di creare un mondo migliore...e quando le idee verranno probabilmente il "movimento" cercherà di affermarle oppure si sfalderà e scomparirà...in ogni caso non posso non emozionarmi quando vedo tanta gente che cerca di far sentire la propria voce e la propria opinione in un mondo che tante volte fa di tutto per farci star zitti
RispondiEliminaps. pienamente daccordo sulla condanna alla violenza (purtroppo gli idioti ci sono e ci saranno sempre) e sull'idea che senza fatti tutto questo resterà una bella ma inutile parentesi...ma è un buon inizio...spero che ognuna di quelle persone scese nelle piazze porti un po' della sua voglia di miglioramento nella vita di tutti i giorni...non dimenticando che la propria vita e i cosiddetti "ideali" non sono due cose così tanto separate